di Pier Luigi Leoni
Una graziosa badante fa innamorare il nipote della sua assistita, poi gli riserva una grossa sorpresa.
Carlo ha varcato la soglia della trentina inquietante,
torbida d’istinti moribondi, come la stigmatizzò Guido Gozzano. Ma è
sereno. Da qualche tempo ha rotto il lungo fidanzamento con Claudia. Lei gli ha
detto, con sincerità: «Non capisco perché stiamo ancora insieme». E lui le ha
risposto, con altrettanta sincerità: «Nemmeno io.»
Adesso Carlo respira l’aria frizzante
della libertà, in uno stato di rilassamento della mente e dei sensi; sebbene
consapevole che affiorerà, prima o poi, la paura della solitudine.
Intanto la nonna s’è ammalata e non è più in grado di
vivere sola nella sua casa.
«Carlo, non dovete preoccuparvi per me. Ho
assunto una badante. Se vieni a trovarmi te la presento.» La telefonata della
nonna incuriosisce il giovane, che dopo qualche ora, benché abbia la chiave,
suona alla porta del ben noto appartamento.
Viene ad aprire una giovane donna in tuta
lilla e scarpe da tennis, che lo invita a entrare con un: «Priego, si
accuomodi.»
«Sono Carlo, il nipote della signora
Evelina... piacere.»
«Piaciere… Svetlana.»
La nonna non vedeva l’ora di raccontare al
nipote della badante appena assunta: «È bielorussa, ha trentotto anni… L’ho già
messa in regola... Me l’ha raccomandata l’infermiera che viene per le punture.
Parla poco l’italiano, ma capisce quasi tutto… E poi è una bella donna… hai
notato?»
«Certo che ho notato.»
E mentre la nonna racconta i suoi
acciacchi, Carlo guarda in tralice Svetlana che si muove con agilità e con
premura.
«Attienta nuonna!» esclama la bielorussa,
essendo-si accorta che la vecchia signora rischia di rovesciarsi addosso
l’infuso d’orzo.
Carlo nota che la badante è molto
giovanile e i capelli biondi raccolti a coda di cavallo ne mettono in risalto
il bel collo e le orecchie ben proporzionate. Svetlana mostra di accorgersi di
essere osservata e abbassa i begli occhi azzurri… un po’ pudicamente e un po’
vezzosamente.
Da quel giorno le visite alla nonna
diventano quotidiane e Carlo non manca mai di dedicare qualche minuto anche
alla badante, con la scusa d’interessarsi delle sue peripezie per raggiungere
l’Italia e trovarvi lavoro... Anche se la bielorussa trova difficoltà ad
esprimersi in italiano e, quando prova a rispondere in inglese, è Carlo a trovarsi
in difficoltà.
La nonna si rende perfettamente conto
delle attenzioni di Carlo alla badante, ma evita di fare illazioni, per non
sciupare quell’incentivo alle gradite visite del nipote.
Finché, un bel giorno, nell’accompagnare Carlo alla porta, Svetlana si offre di
fargli compagnia fino al portone.
Appena si chiude la porta dell’ascensore,
la badante abbraccia Carlo e gli stampa un caldo bacio sulla bocca, poi gli
sussurra: «Ti amo tanto!»
«Ti amo e ti desidero» risponde Carlo.
«Dove?... Quando?» interroga la donna.
Il primo giorno di riposo della badante,
la coppia si ritrova in una stanza d’albergo. Entrambi nudi sotto le coperte,
animati dal fuoco dell’innamoramento, dediti ai pochi preliminari richiesti dal
lungo digiuno sessuale.
Ma la donna, improvvisamente, si ritrae,
si mette seduta a ridosso del cuscino, si tira il lenzuolo fino a coprirsi il
petto e, con accento campano-veneto, dice tutto ciò che ha da dire: «Adesso,
bello mio, devi sapere la verità… tutta la verità… Non sono bielorussa, non mi
chiamo Svetlana e non ho trentotto anni. Ma sono di Latina, mi chiamo Donatella
e ho ventisette anni. Il passaporto e il permesso di soggiorno li ho comprati
da una disgraziata che aveva un altro passaporto e doveva rientrare in patria.
Ho pensato che, passando per straniera, avrei trovato facilmente vitto,
alloggio e stipendio… e che nessuno avrebbe indagato sulla mia famiglia. Con
una madre ammazzata dal marito e un padre in galera non avrei avuto molte
possibilità.»
Carlo cerca di rimettere in ordine la sua
mente e il suo corpo, entrambi storditi da quella gragnola di pugni. Ma sia il software
che l’hardware non rispondono.
Deve intervenire nuovamente la donna:
«Adesso, bello mio, vediamo se Donatella è in grado di portare a buon fine ciò che Svetlana ha preparato... Se sono riuscita a farti innamorare una volta,
perché non dovrei riuscirci la seconda?... Del resto sono sempre la stessa persona.»
Poi Donatella comincia ad armeggiare per
risvegliare la virilità di Carlo e, appena verifica di esserci riuscita,
conclude dantescamente: «Poscia, più che ’l dolor, poté il digiuno.»
Finché, un bel giorno, nell’accompagnare Carlo alla porta, Svetlana si offre di fargli compagnia fino al portone.
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