lunedì 17 agosto 2015

UN AMORE DI BADANTE


di Pier Luigi Leoni

Una graziosa badante fa innamorare il nipote della sua assistita, poi gli riserva una grossa sorpresa.


Carlo ha varcato la soglia della trentina inquietante, torbida d’istinti moribondi, come la stigmatizzò Guido Gozzano. Ma è sereno. Da qualche tempo ha rotto il lungo fidanzamento con Claudia. Lei gli ha detto, con sincerità: «Non capisco perché stiamo ancora insieme». E lui le ha risposto, con altrettanta sincerità: «Nemmeno io.»
Adesso Carlo respira l’aria frizzante della libertà, in uno stato di rilassamento della mente e dei sensi; sebbene consapevole che affiorerà, prima o poi, la paura della solitudine.
Intanto la nonna s’è ammalata e non è più in grado di vivere sola nella sua casa.
«Carlo, non dovete preoccuparvi per me. Ho assunto una badante. Se vieni a trovarmi te la presento.» La telefonata della nonna incuriosisce il giovane, che dopo qualche ora, benché abbia la chiave, suona alla porta del ben noto appartamento.
Viene ad aprire una giovane donna in tuta lilla e scarpe da tennis, che lo invita a entrare con un: «Priego, si accuomodi
«Sono Carlo, il nipote della signora Evelina... piacere.»
«Piaciere… Svetlana.»
La nonna non vedeva l’ora di raccontare al nipote della badante appena assunta: «È bielorussa, ha trentotto anni… L’ho già messa in regola... Me l’ha raccomandata l’infermiera che viene per le punture. Parla poco l’italiano, ma capisce quasi tutto… E poi è una bella donna… hai notato?»
«Certo che ho notato.»
E mentre la nonna racconta i suoi acciacchi, Carlo guarda in tralice Svetlana che si muove con agilità e con premura.
«Attienta nuonna!» esclama la bielorussa, essendo-si accorta che la vecchia signora rischia di rovesciarsi addosso l’infuso d’orzo.
Carlo nota che la badante è molto giovanile e i capelli biondi raccolti a coda di cavallo ne mettono in risalto il bel collo e le orecchie ben proporzionate. Svetlana mostra di accorgersi di essere osservata e abbassa i begli occhi azzurri… un po’ pudicamente e un po’ vezzosamente.
Da quel giorno le visite alla nonna diventano quotidiane e Carlo non manca mai di dedicare qualche minuto anche alla badante, con la scusa d’interessarsi delle sue peripezie  per raggiungere l’Italia e trovarvi lavoro... Anche se la bielorussa trova difficoltà ad esprimersi in italiano e, quando prova a rispondere in inglese, è Carlo a trovarsi in difficoltà.
La nonna si rende perfettamente conto delle attenzioni di Carlo alla badante, ma evita di fare illazioni, per non sciupare quell’incentivo alle gradite visite del nipote.
  Finché, un bel giorno, nell’accompagnare Carlo alla porta, Svetlana si offre di fargli compagnia fino al portone.
Appena si chiude la porta dell’ascensore, la badante abbraccia Carlo e gli stampa un caldo bacio sulla bocca, poi gli sussurra: «Ti amo tanto!»
«Ti amo e ti desidero» risponde Carlo.
«Dove?... Quando?» interroga la donna.
Il primo giorno di riposo della badante, la coppia si ritrova in una stanza d’albergo. Entrambi nudi sotto le coperte, animati dal fuoco dell’innamoramento, dediti ai pochi preliminari richiesti dal lungo digiuno sessuale.
Ma la donna, improvvisamente, si ritrae, si mette seduta a ridosso del cuscino, si tira il lenzuolo fino a coprirsi il petto e, con accento campano-veneto, dice tutto ciò che ha da dire: «Adesso, bello mio, devi sapere la verità… tutta la verità… Non sono bielorussa, non mi chiamo Svetlana e non ho trentotto anni. Ma sono di Latina, mi chiamo Donatella e ho ventisette anni. Il passaporto e il permesso di soggiorno li ho comprati da una disgraziata che aveva un altro passaporto e doveva rientrare in patria. Ho pensato che, passando per straniera, avrei trovato facilmente vitto, alloggio e stipendio… e che nessuno avrebbe indagato sulla mia famiglia. Con una madre ammazzata dal marito e un padre in galera non avrei avuto molte possibilità.»
Carlo cerca di rimettere in ordine la sua mente e il suo corpo, entrambi storditi da quella gragnola di pugni. Ma sia il software che l’hardware non rispondono.
Deve intervenire nuovamente la donna: «Adesso, bello mio, vediamo se Donatella è in grado di portare a buon fine ciò che Svetlana ha preparato... Se sono riuscita a farti innamorare una volta, perché non dovrei riuscirci la seconda?... Del resto sono sempre la stessa persona.»
Poi Donatella comincia ad armeggiare per risvegliare la virilità di Carlo e, appena verifica di esserci riuscita, conclude dantescamente: «Poscia, più che ’l dolor, poté il digiuno

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