mercoledì 2 settembre 2015

Pier Luigi Leoni - VIVA LE COOPERATIVE

Ciò che maledettamente non entra nel cranio degli economisti è che i popoli non sono tutti uguali, come non sono uguali gli individui. Come ogni persona reagisce col proprio temperamento all’influenza dell’ambiente, così ogni popolo reagisce in modo diverso alle dottrine e alle prassi economiche che via via entrano in circolazione. Se andavate a dire a un contadino comunista che il PCI, in caso di vittoria, avrebbe imposto i kolchoz, vi saresti sentiti rispondere che non eravamo in Russia e che il marxismo italiano avrebbe tolto la proprietà della terra ai padroni per darla ai contadini. Grosso modo, quello che hanno fatto i democristiani. Quindi non è mai troppo tardi per prendere atto della riflessione economica del tutto originale della cultura italiana, che maturò nel secolo XVIII (Antonio Genovesi, Gaetano Filangieri e altri) e che, senza negare l’importanza fondamentale dello Stato e dell’economia for profit, assegna all’economia no profit il compito di umanizzare anche gli altri settori. Non era forse italiano quel genio visionario di Adriano Olivetti, che, valorizzando l’essenza comunitaria dell’azienda capitalistica, ottenne risultati così sbalorditivi da costringere gli americani a intervenire per stroncarlo? Se gli americani non ci avessero messo le mani, l’Italia dominerebbe oggi il mondo dell’informatica. E, se guardiamo alla nostra piccola Orvieto, che fine farebbero i servizi sociali e assistenziali se sparissero le cooperative? Di esse si rimarcano le difficoltà gestionali e gli ambigui rapporti con la politica, ma si dimentica che sono sempre più indispensabili.

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